Serve ai piccoli per crescere e ai grandi per diventare adulti il film Il sole dentro, che uscirà nelle sale il 15 novembre. Soprattutto fa riflettere sul significato di informazione e su quello di denuncia, lasciando trasparire in modo evidente l’incapacità imbarazzante del giornalismo di raccontare quel che esula dai canali prefissati. Un’ennesima conferma che laddove c’è l’urgenza di dire, è necessario l’intervento delle arti. Pittura, letteratura, fotografia, cinema… Il racconto della realtà, il suo resoconto, spetta ormai a loro.
16E la lezione questa volta arriva proprio dal grande schermo: centootto minuti di pellicola girati e firmati da Paolo Bianchini tra Africa ed Europa dove persino il cast di tutto rispetto e i molti riconoscimenti ottenuti impallidiscono di fronte alla portata delle due storie parallele raccontate. Che si fondono e che raccontano la realtà di una porzione di mondo, l’Africa, dalle vene aperte come l’America Latina di Galeano. Solo, queste vene, vuote. Aride tanto da costringere i propri ragazzi partire e a morire nella speranza di studiare o da obbligarli a tornare per fuggire a un inferno peggiore di quello dal quale si era scappati: il traffico clandestino dei bambini calciatori.
Sono le vicende incrociate di quattro ragazzini a fare da collante a questo affresco ma sono le loro speranze massacrate le protagoniste, quelle che puntano il dito – e i riflettori – sulle vergogne perpetrate dagli strozzini del mondo emancipato ai danni dei paesi sottosviluppati. Eppure è la leggerezza che fa da filo conduttore, è il parlare dei bambini. Crudele perché vero e sincero. E perché fa ridere. Come la risposta di Thabo alla domanda inattesa del suo piccolo amico italiano su qual è il piatto tipico africano: Piatto vuoto, la risposta.
La storia del sogno di Yaguine e Fodè si incrocia con il dramma vissuto da Thabo e Rocco. Tutti preadolescenti, tutti in viaggio per scappare. I primi due in fuga dall’Africa in aereo, i secondi di ritorno a piedi dall’Europa. Tutti e quattro con un oggetto che fa da guida: una lettera in busta chiusa per i primi due e per il loro sogno europeo; un pallone il compagno del ritorno al deserto, in fuga dall’estero traditore. Percorsi uguali e opposti, comunque della disperazione. Ma con una cifra che in questo film va sempre tenuta a mente: è tutto vero, le storie sono tutte reali. Eppure di questi fatti non si parla mai. Vicende del nostro tempo che non stupisce abbiano riscosso il massimo del successo a Giffoni, tra i ragazzi, e ovunque questo film sia stato presentato, fino allo Shanghay Film Festival.
Ma sarà un reato, oltre che un peccato, se in Italia questo film verrà distribuito e pubblicizzato poco. Anche solo per come il regista Bianchini, che firma anche il soggetto assieme alla moglie, ha deciso – con umiltà “di far lavorare – ci ha detto – la sua telecamera solo come occhio discreto”.
Il racconto prende spunto da due realtà di cronaca: una realmente accaduta, l’altra verosimile ma con personaggi inventati.
Yaguine e Fodè, 14 e 15 anni, dopo aver scritto una lettera indirizzata ai Potenti d’Europa per raccontare il disagio e la povertà di tutti i bambini africani e la loro voglia di riscatto attraverso lo studio, si nascondono nel vano carrello di un jet della compagnia belga Sabena in partenza dalla dall’aeroporto di Conakry, in Guinea e diretto a Bruxelles. I loro corpi assiderati – per le temperature che in quota raggiungono i 60 gradi sotto lo zero – sono stati ritrovati dal personale aereo durante un’ispezione allo scalo belga il 3 agosto 1999. Per almeno quattro ore i due ragazzi hanno nutrito il sogno di raggiungere l’Europa.
A questa vicenda si collega quella di Thabo e Rocco, la loro amicizia sul campo di calcio e un sogno che si infrange sullo scoglio di uno dei tanti respingimenti da subire: quello del rifiuto delle società giovanili di calcio dopo una prima fase di interessamento. Le stesse che secondo un meccanismo ben rodato dopo aver illuso per circa due anni i bambini africani (e le loro famiglie), li abbandonano negli autogrill o nelle stazioni di servizio. Non sono estranei alla cronaca i resoconti delle forze dell’ordine che trovano e recuperano lungo le autostrade bambini e ragazzi rifiutati dalle società.
C’è molto da sapere, e c’è molto da imparare guardando Il sole dentro, capolavoro di denuncia che serve ai piccoli per diventare grandi e agli adulti per crescere.
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