C’era una volta Marco il Trattore. Cioè, per la verità lui si chiamava solo Marco. Ma da quando la sua storia era stata scritta su un libro intitolato Le Fantastiche avventure di Marco il Trattore, lui per tutti ormai si chiamava così.
Quel libro era davvero famoso, tutti i bambini se lo erano fatti leggere dai genitori almeno dieci volte e anche lui (che un po’ vanitoso era, diciamoci la verità) ne aveva un copia nello scaffale dentro alla rimessa.
Nelle pagine illustrate con immagini e disegni colorati venivano raccontante le sue eroiche avventure: di quando aveva salvato un cagnolino che stava annegando, di quando aveva arato in un solo giorno un campo di grano sconfinato, di quando la sua vernice splendeva rossa e luccicante al sole e di quando il suo vetro brillava lucido e pulito. Allora sì che i tergicristalli funzionavano, mica come ora che il tempo e la sporcizia gli avevano reso le setole aride e graffianti… E poi quei cigolii, com’erano fastidiosi…gli facevano male tutte le giunture.
E sì, il buon vecchio Marco non era più il Trattore Marco di una volta… meno male che almeno c’era quel libro a testimoniare che prima il suo stile era ben diverso da ora.
“Ciao Marco, come te la passi?” Era Ivan, il suo amichetto uccellino che di tanto in tanto gli faceva visita nella rimessa…
“Eilà! Bene, e tu?”
“Bene dici? Non mi sembra proprio, vecchio mio”
Marco accese un faro.
“Che cosa vuoi dire: ho una brutta cera?”
“No, veramente la cera non ce l’hai proprio, amico. Semmai hai una bella ruggine in superficie… da quanto tempo è che non vedi la luce del sole o la pioggia del cielo?”
Ecco! Erano proprio le domande che non voleva sentirsi fare…
“Io, beh…”
“Allora?”
“Beh, io…”
“Ho capito, dai. Sei un po’ giù di giri”.
“L’hai detto, uccellino. Beato te che quando vuoi te ne vai in giro… Io invece sto sempre qui e più passa il tempo più diventa difficile uscire all’aperto”.
“Ma dove sono finiti i tuoi padroni?”.
Andrea e Luisa si erano trasferiti in città. Ormai erano passati già un paio d’anni… All’inizio venivano spesso a metterlo in moto, a vedere come stava la vecchia fattoria, a controllare che nel camino della casa di campagna non restasse incastrato qualche uccellino… poi piano piano, prima l’autunno, poi l’inverno, il freddo e in campagna non è più venuto nessuno…
“Beh, ma adesso torneranno, no?”
“Non credo proprio, sai?”
“Perché?”
Il perché lo sapeva fino troppo bene, Marco. Andrea e Luisa stavano per avere un bambino e queste faccende si sa come vanno: prima tutte le attenzioni per il neonato, poi il tempo che si stringe e diventa poco poco, poi altri interessi… e figurati quale importanza finisce con l’avere un povero (e per giunta neanche più nuovo di zecca) trattore in disuso….
“Senti, ho un’idea” cinguettò Ivan “Ho un’idea , ho un’idea!”
“Smettila di girarmi tutt’intorno che mi stai facendo venire il mal di testa… Ho pure lo specchietto appannato e per guardarti mi stanno facendo male i fari!”
“Ho una meravigliosa idea, Marco!”
Ivan raccontò quello che gli era venuto in mente e quando smise di parlare Marco era confuso ed emozionato. L’idea non era niente male davvero, e per giunta aveva sentito un piccolo scricchiolio qui, proprio all’altezza del motore….
Cominciarono subito a mettere in pratica il piano: il giorno dopo si svegliarono di buon mattino e fecero un’abbondante colazione. Anche se con molta fatica, Marco riuscì a uscire dalla rimessa e andò verso l’innaffiatore. Ivan diede un colpo di becco al rubinetto e azionò la pompa…una bella doccia! Ah quanto tempo era che Marco non ne faceva una… lavarsi è sempre un momento meraviglioso… e poi asciugarsi al sole…
Sentiva la sua motrice rinvigorita e capì che la vernice rossa che lo ricopriva era tornata a luccicare come una volta… bene, il piano era stato avviato. Adesso non restava che portare a termine la seconda fase. E qui Ivan doveva mettercela tutta…
Dopo quasi un’ora, l’uccellino era davvero stremato. Ma aveva finito il suo lavoro e la soddisfazione lo rendeva felicissimo. Con l’aiuto del braccio meccanico di Marco sollevarono il grande pezzo di legno e lo poggiarono allo steccato del recinto.
VENDESI TRATTORE, si leggeva. Lo avevano scritto, anzi Ivan lo aveva beccato talmente grande che si leggeva anche dalla strada. OTTIMO STATO, PERFETTAMENTE FUNZIONANTE.
Il piano diede subito i frutti sperati. Le macchine che passavano lungo il viale rallentavano, leggevano il cartello e si fermavano a guardare Marco che per tutto il giorno restava fermo, immobile al centro del cortile. Ogni tanto si sgranchiva le ruote e faceva un giretto in tondo, ma per la maggior parte del tempo restava a farsi ammirare senza batter tergicristallo.
I risultati arrivarono presto. I contadini del posto ma anche qualcuno che passava per caso presero nota del numero di telefono che era scritto sul legno e alla fine un signore chiamò Andrea e Luisa per chiedere il prezzo del Trattore e chiedere se potevano provarlo.
“Ma noi non vendiamo nessun trattore”, risposero subito i due, pensando che ci fosse un errore.
“Ma come no! Quello rosso fiammante, l’ho visto!”
Il signore all’altro capo del telefono sembrava davvero convinto, Andrea e Luisa si guardarono perplessi.
“Dobbiamo andare alla fattoria”
“Sono d’’accordo. Domattina?”
“Va bene, prepariamo subito le valigie”.
Quando arrivarono in campagna era mezzogiorno e il sole, alto, illuminava tutta la vallata. Dalla curva Andrea e Luisa vedevano già la fattoria, riconoscevano il recinto e il tetto della rimessa. Al centro del cortile c’era un puntino rosso. Man mano che il loro fuoristrada si avvicinava il puntino rosso diventava sempre più grande. Che nostalgia, la casa di campagna, pensarono Andrea e Luisa. Ma nessuno dei due diceva niente all’altro… trasferirsi in città era stata una decisione lunga e faticosa, il lavoro, le comodità… Eppure adesso, a guardare la loro casa provavano così tanta tenerezza…
Dopo l’ultima curva, presero il viale e in pochi secondi furono davanti all’entrata. Si fermarono di colpo, uno accanto all’altro. Il Trattore Marco era lì davanti a loro, rosso lucido, energico. Non lo ricordavano così bello. Luisa era talmente contenta che corse ad abbracciarlo. Poggiò il viso accanto al suo faro sinistro e rimase così, appoggiata con la guancia al vetro. Andrea, intanto, leggeva confuso il cartello di legno. Poi alzò gli occhi, guardò l’uccellino che appollaiato controllava tutto e…
“Adesso ho capito tutto!… Furbacchioni che non siete altro!…”
“Furbacchioni chi? Noi?”, cinguettò Ivan dalla sua postazione di controllo
“Sì, proprio voi. Voi due”, ribadì Andrea indicando con il dito i due amici.
“Che cosa significa?”, chiese Luisa asciugandosi gli occhi.
“Che qualcuno, qui, aveva un po’ di nostalgia di noi …”, sorrideva Andrea…
Anche Marco era emozionato, rivedere i suoi padroni era una gioia grandissima… e poi Luisa, con quella panciona… com’era bella….
Trascorsero il resto della giornata all’aperto, mangiarono seduti sul prato e poi si riposarono poggiandosi con le spalle alle ruote di Marco.
Quando venne il momento di salutarsi, calò un velo di tristezza… ma Luisa fu veloce:
“Che ne dite se ci facciamo una promessa?”
Marco mosse il tergicristallo.
“Una promessa solenne!”
Marco, Andrea e Ivan rimasero zitti, aspettavano di sentire.
“Torneremo in campagna ogni fine settimana. E poi, appena nascerà la bambina ci trasferiremo qui per un lungo periodo…”
Marco cominciò a lampeggiare, Ivan cinguettava e Andrea ascoltava interessato.
“…alla bambina farà bene e io sarei davvero felice….”
Quando ripartirono, Luisa dalla macchina salutò con la mano fino a quando perse di vista la fattoria e il suono del clacson di Marco si perse per tutta la vallata.
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