I capelli al vento. Ha freddo, si capisce, ma sorride lo stesso. Guarda lontano. Biondi, sottili, un po’ sfibrati. E lo spazio immobile della sabbia nera, in lontananza gli arbusti. Tiepido sole appena offuscato.
Con la mano accarezza i riflessi ma è solo vetro.
Qui era felice ma quanto tempo è passato.
Sfiora la lastra sottile, si liscia i baffi.
Sposta il dito su quei capelli mossi dal vento, ma è solo vetro.
Gira l’indice e lo passa lungo il viso disteso, chiaro, ne traccia il profilo. I suoi denti forti.
Il potere delle foto e quanto regalano, quello che fermano, i secondi che incastrano altri secondi ancora, e gli anni che si accavallano, la sofferenza di non poter tornare più in quel luogo in quel momento in quello spazio conquistato senza saperlo, senza volerlo. Lui questo non lo sa raccontare.
Sa solo guardarle, le foto.
Non era trascorso troppo tempo da quel viaggio fermo per sempre in una cornice sopra il mobile della camera da letto. Ma tanto sì.
Tanto tempo e neanche questo aveva importanza. Perché non conta il tempo e il suo respiro pesante ma gli attimi che decidono tutto.
E quel giorno lei aveva colto l’attimo.
Le guarda gli occhi, li interroga. Ma qui non vale perché ridono e ancora era troppo presto per sapere. Vorrebbe essere lì e fermarli nel momento lungo di quando lei ha deciso. Sapere se erano tranquilli o umidi, freddi o puliti. Se intuivano o se capivano.
Se sono rimasti chiusi quando ha premuto il grilletto.
O se di colpo li ha aperti e si è pentita ma era troppo tardi.
Solo questo e niente di più vorrebbe sapere, perché.
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