Ho divorato la riflessione di Eugenio Scalfari sui mali antichi che insidiano l’Italia, primo tra tutti la rabbia. Un malessere subdolo che si è insinuato nelle viscere nel nostro Paese, permeando gli animi di ciascuno, a diversi livelli e innescando una lotta fratricida che nell’esempio più immediato e attuale è rappresentato dall diverse ragioni che convivono a Taranto: quella dei 18mila lavoratori dell’Ilva (30mila se si considera l’indotto) a rischio di perdere il lavoro e quella dei 186 mila abitanti, tutti quanti, bambini e neonati compresi. Una riflessione che il fondatore di Repubblica riprende dall’attore Riondino, attivo nella protesta tarantina; una riflessione che però lascia tutti noi in una strana epoché, sospesi e incapaci di giudicare a chi tributare la vera ragione. Consapevoli delle ragioni di tutti e che tutti hanno la loro ragione. Un discorso che ovviamente si estende sia ai lavoratori dell’Alcoa che a quelli della Carbosulcis.
Eppure nella rabbia su cui ci fa riflettere Scalfari, annoverata tra i mali antichi che ci affliggono, io tristemente avverto un odere di novità. Moderna. Nel senso che è figlia di questi tempi in cui si coltivano ritmi frenetici e affannosi per cercare di conquistare gli agi di una vita che costa. Di un benessere che costa. E che non vale il tempo che gli viene dedicato. E così si incappa in persone dal doppio cellulare o in confessioni di prestiti avviati per fare vacanze da sogno. Un paese di naufraghi arrabbiati che galleggiano su materassini bucati nel tentativo di arrivare prima di altri a toccare terra sull’isola che non si vede perché non c’è.
Infine. Il rischio maggiore, per come appare a me questa deriva tra collasso economico (destinato a perdurare almeno per un quinquennio), ottusa persistenza di una mancanza di senso dello Stato e presunzione di non voler rinunciare a niente di quel che sì è finora avuto, è un generico impoverimento dei rapporti umani, e – in particolare – della genuina sincerità degli uni verso gli altri. E in un contesto, in un qualsiasi contesto (sociale, relazionale, lavorativo, sportivo), nel momento un cui viene meno la sincerità è venuta meno la base su cui edificare. Cioè, la sostanza.
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