Non so perché ma la notizia, oggi, dell’ennesimo falso cieco che truffa tutti noi dal 1979 mi è sembrata tra i mali minori di un Paese sfasciato che ansima senza trovare pace. Tra politici che schivano i giornalisti (vedi Report del 30 settembre), festini, maiali, letamai, suv e rischio tracolli Inps/Inpdap da prima – anzi primissima – pagina, oggi ho sorriso di un sollievo lontano. Quasi che la cifra, troppo brutalmente passata nelle ultime settimane, si sia in qualche modo ricomposta in un clima da Italietta fai/truffa da te. Ancora una volta mi echeggiano in testa le parole sagge dell’editoriale che meno di una settimana fa firmava Gian Arturo Ferrari sul Corriere e che bollavano l’incapacità del nostro Paesotto di investire sul proprio futuro e sull’unico elemento che lo potesse rappresentare: la risorsa umana.
Eccoci dunque a fare i conti con il regresso, con il buio pesto invece che con la luce del futuro. Ed eccoci a considerare con un sorriso sardonico, amaro e un po’ strafottente quel giovane di Valdagno che se mai avrà un posto di lavoro – in una realtà economica in recessione e con l’istinto a licenziamento – lo dovrà all’aver saputo infrangere le regole, creandosi una propria cifra riconoscibile. Ora: togliamoci subito il dente di dire che la sua azione (aver violato la privacy dei registri informatici di una scuola) è un reato e che per questo verrà giudicato. E che è giusto così. Ma dopo averlo detto consideriamo una volta per tutte che in questo magma trascinante verso il basso, in queste sabbie mobili affaticanti, sfondare la barricata e vince davvero chi osa. E a me piace pensare che questo ribelle rivoltoso il suo posto in azienda (in una qualsiasi delle ditte informatiche che lui sceglierà e che ora se lo contendono) se lo è meritato e guadagnato. Anzi, per portare a casa lo stipendio pagherà anche delle conseguenze: prima tra tutte quella di avere competenze che altri non hanno.
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